Nordico Verace | I
Scaffali di Covo, Disegnato da Marcello Panza
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Descrizione del prodotto
sgabello
cm 45 x 30 - h 45 - kg 5
legno stampato e laminato
cm 45 x 30 - h 45 - kg 5
legno stampato e laminato
Concept
Ad un certo punto incominciammo sostituire nelle nostre case i mobili che erano appartenuti, per decenni, per generazioni alle nostre famiglie. Qualcosa iniziava a cambiare. Avevano, da sempre, un loro odore, un loro colore, un ingombro a volte esagerato, una decorazione piuttosto pretenziosa che ci raccontava di riti e di abitudini che stavano scomparendo, di stanze in ombra troppo spesso chiuse, di pranzi lunghi e di inevitabili feste familiari. Nelle nostre case arrivarono i “ mobili svedesi “. Dal nord. Da un altro modo di vivere e di stare insieme.
Legni naturali non lucidati, il laminato plastico “la formica” , i colori, il metallo, il vetro occuparono felicemente i nostri tinelli e il nostri salotti. L’invasione all’inizio fu timida, forse: il tavolino da salotto, il mobile porta tv , le nuove sedie di similpelle colorata per la cucina, ma piacevano tanto per quell’aria allegra e discreta, per come si facevano notare, per la loro comodità, perché erano in piena sintonia con la musica nuova che dai 45 giri invadeva le case italiane. Poi vinsero facilmente e divennero protagonisti di un nuovo stile che esprimeva una nuova allegria un insperato ottimismo. E divennero grandi e funzionali
Eppure, da subito , si trovarono a condividere i nostri spazi con presenze antiche e rassicuranti che non potevano essere messe da parte, accantonate, dimenticate così d’improvviso, che venivano da un tempo lontano e chi ci avrebbero accompagnato per sempre : disegni, materiali, decori, colori che dicevano altre storie , parlavano una lingua ancestrale e sapiente fatta di lavoro paziente e di esperienza di vecchie botteghe artigiane. Si incontrarono subito ed impararono a convivere, qualche volta in modo felicissimo, altre volte anche in evidente e malaccorta dissonanza , ma diventava, così, il modo tutto italiano di rendere abitabile il nuovo, di renderlo ancora una volta caro e riconoscibile, in un certo senso più nostro e familiare.
La cucina di metallo colorato, levigato e lucente conviveva con le vecchie piastrelle vietresi scelte con attenzione o trovate da sempre in quella casa, l’immagine del santo protettore dorato e benigno, comprato al momento delle nozze e che mai sarebbe stato sostituito rimaneva a capo del nuovo letto “moderno”, le stoviglie in terracotta smaltata non erano più un servizio completo ma duravano ancora ed erano state un regalo a suo tempo importante. Simboli, ricordi, forme, colori che tornavano ad avere una nuova vita raccontando nuovamente sapori, odori, suoni, voci che, questa volta, si animavano di una inaspettata felicità, che riacquistavano, così, una loro rinnovata presenza e che, soprattutto, regalavano uno scarto diverso a quei mobili stranieri venuti dal nord, e che ce li resero immediatamente simpatici.
Ed ecco che oggi, questo incontro, immaginato con rinnovata eleganza, riporta alla luce un semplice e primitivo archetipo, una seduta dalla forma gentile di sgabello, che però, accortamente accostato, diviene, perché no, un utile scaffale, una funzionale libreria, un piccolo espositore. Una lieve compagnia domestica resa possibile dall’unione , in abile e discreta sintonia, tra le immagini più segrete e nascoste di un nostro immaginario lontano, tra le linee chiare e nitide di precisa geometria, e la forma elementare di un oggetto anche esso da sempre esistito, ed ora , con fresco vigore riportato a convivere con noi.
I decori che costituiscono la sua pelle attingono allora all’iconografia ingenuamente popolare di immagini che, nel Sud più antico, da sempre hanno illuminato gli angoli bui di vecchi vichi affollati , o i recessi nascosti e dimenticati di case immense e labirintiche. Rielaborati e ritagliati, evidenziati nei particolari più forti , parlano ancora di più una loro primitiva lingua ancestrale, di una memoria che permane caparbia e li avvicina ai segni scaramantici che, beneauguranti, vivacemente colorati ammiccano ad una segreta ironica complicità. Sono anche i segni chiari precisi, nettissimi dei vecchi decori ceramici delle piastrelle da sempre usate a mettere luce e colore negli interni ombreggiati delle case, ad occhieggiare improvvisi, come schegge di luce riflessa, da pavimenti che brillano sferzati da lame di sole che infila improvviso i tagli accostati di verdi persiane, a risplendere sontuosi sulle cupole di chiese sfiorate dalla liquida luce del mare.
Ora sono lì in primo piano e ricordano tutto, ma anche molto di nuovo propongono in questo inusuale e imprevisto gioco di accostamento tra il loro linguaggio giocosamente ritrovato e la semplice funzione che denota l’oggetto. Semplicemente riscoperti entrambi in un intelligente e articolato scavo della memoria, dove il segreto colore leggero, laminato all’interno dello sgabello regala un discreto bagliore alla ricchezza disegnata della nuova pelle che elegantemente inchiostra la pura trama del semplice legno.
Legni naturali non lucidati, il laminato plastico “la formica” , i colori, il metallo, il vetro occuparono felicemente i nostri tinelli e il nostri salotti. L’invasione all’inizio fu timida, forse: il tavolino da salotto, il mobile porta tv , le nuove sedie di similpelle colorata per la cucina, ma piacevano tanto per quell’aria allegra e discreta, per come si facevano notare, per la loro comodità, perché erano in piena sintonia con la musica nuova che dai 45 giri invadeva le case italiane. Poi vinsero facilmente e divennero protagonisti di un nuovo stile che esprimeva una nuova allegria un insperato ottimismo. E divennero grandi e funzionali
Eppure, da subito , si trovarono a condividere i nostri spazi con presenze antiche e rassicuranti che non potevano essere messe da parte, accantonate, dimenticate così d’improvviso, che venivano da un tempo lontano e chi ci avrebbero accompagnato per sempre : disegni, materiali, decori, colori che dicevano altre storie , parlavano una lingua ancestrale e sapiente fatta di lavoro paziente e di esperienza di vecchie botteghe artigiane. Si incontrarono subito ed impararono a convivere, qualche volta in modo felicissimo, altre volte anche in evidente e malaccorta dissonanza , ma diventava, così, il modo tutto italiano di rendere abitabile il nuovo, di renderlo ancora una volta caro e riconoscibile, in un certo senso più nostro e familiare.
La cucina di metallo colorato, levigato e lucente conviveva con le vecchie piastrelle vietresi scelte con attenzione o trovate da sempre in quella casa, l’immagine del santo protettore dorato e benigno, comprato al momento delle nozze e che mai sarebbe stato sostituito rimaneva a capo del nuovo letto “moderno”, le stoviglie in terracotta smaltata non erano più un servizio completo ma duravano ancora ed erano state un regalo a suo tempo importante. Simboli, ricordi, forme, colori che tornavano ad avere una nuova vita raccontando nuovamente sapori, odori, suoni, voci che, questa volta, si animavano di una inaspettata felicità, che riacquistavano, così, una loro rinnovata presenza e che, soprattutto, regalavano uno scarto diverso a quei mobili stranieri venuti dal nord, e che ce li resero immediatamente simpatici.
Ed ecco che oggi, questo incontro, immaginato con rinnovata eleganza, riporta alla luce un semplice e primitivo archetipo, una seduta dalla forma gentile di sgabello, che però, accortamente accostato, diviene, perché no, un utile scaffale, una funzionale libreria, un piccolo espositore. Una lieve compagnia domestica resa possibile dall’unione , in abile e discreta sintonia, tra le immagini più segrete e nascoste di un nostro immaginario lontano, tra le linee chiare e nitide di precisa geometria, e la forma elementare di un oggetto anche esso da sempre esistito, ed ora , con fresco vigore riportato a convivere con noi.
I decori che costituiscono la sua pelle attingono allora all’iconografia ingenuamente popolare di immagini che, nel Sud più antico, da sempre hanno illuminato gli angoli bui di vecchi vichi affollati , o i recessi nascosti e dimenticati di case immense e labirintiche. Rielaborati e ritagliati, evidenziati nei particolari più forti , parlano ancora di più una loro primitiva lingua ancestrale, di una memoria che permane caparbia e li avvicina ai segni scaramantici che, beneauguranti, vivacemente colorati ammiccano ad una segreta ironica complicità. Sono anche i segni chiari precisi, nettissimi dei vecchi decori ceramici delle piastrelle da sempre usate a mettere luce e colore negli interni ombreggiati delle case, ad occhieggiare improvvisi, come schegge di luce riflessa, da pavimenti che brillano sferzati da lame di sole che infila improvviso i tagli accostati di verdi persiane, a risplendere sontuosi sulle cupole di chiese sfiorate dalla liquida luce del mare.
Ora sono lì in primo piano e ricordano tutto, ma anche molto di nuovo propongono in questo inusuale e imprevisto gioco di accostamento tra il loro linguaggio giocosamente ritrovato e la semplice funzione che denota l’oggetto. Semplicemente riscoperti entrambi in un intelligente e articolato scavo della memoria, dove il segreto colore leggero, laminato all’interno dello sgabello regala un discreto bagliore alla ricchezza disegnata della nuova pelle che elegantemente inchiostra la pura trama del semplice legno.
Altre informazioni su questo prodotto
Classificato in Contenitori - Sedute - Scaffali - Sgabelli - Moduli scaffalatura - Base aperta - Base pannello - Seduta non imbottita - Legno - Seduta legno derivato - Base legno derivato - Abitazione.
Parte della collezione
NOT COMMON THINGS.
Produttore
Covo
Famiglia
Nordico Verace
Architonic ID
1256611
Codice Prodotto
MP001 - I
Anno di Lancio
2014
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